18 Nov Enrico Medi e la società contemporanea
Il Professore giudicava severamente la società del dopoguerra, cui rimproverava prevalentemente l’attaccamento al soldo e la conseguente perdita di valori spirituali.
Nonostante stesse vivendo una delle sue età più vive e ricche, la società moderna aveva perso tutta la sincerità e la freschezza di quelle precedenti. Tutti i progressi raggiunti, non facevano che degradarne il valore e l’intelligenza, assoggettati alla produzione e successivo consumo sfrenato di beni. Lo spessore spirituale di tale società andava assottigliandosi in maniera direttamente proporzionale a quando invece cresceva il suo stato di “benessere” concreto.
Il fascino che in lei sortiva il denaro, la ricchezza, la concretezza l’aveva imprigionata in un circolo vizioso dal quale diventava sempre più difficile poterla liberare.
Così la definì una volta: ”una società irreale, sbagliata, antinaturale, che si ritiene essere sicura espressione della concretezza, si affanna a produrre beni, che si affretta a distruggere; moltiplica le comunicazioni commerciali e le ferma con cumuli di restrizioni; proclama la libertà e la soffoca per proteggerla”.
Il valore del denaro, la ricerca forsennata del benessere avevano spogliato la società del suo vero credo, allontanandola sempre di più dalla religione e dai suoi messaggi.
La ricchezza aveva privato l’uomo dei vecchi valori, sostituendoglieli con altri fittizi e insoddisfacenti. La società moderna era lontana da Dio, sempre più distante dalla sua luce e proprio per questo, contraddizione in termini, non riusciva a godere dei suoi trionfi. L’intelligenza moderna era un intelligenza fredda e senza spessore che non riusciva a portare gioia ai cuori di chi la possedeva ma solo pena, ansia e fame perenne.
Fame di significati, fame di certezze, cercati sempre più nei luoghi più sbagliati.
“Oggi purtroppo noi siamo rimasti privi di maestri e privi di filosofia; siamo prosciugati, consumati, inariditi, sbandati. “
In tutto ciò, tronfia delle sue vittorie, la società moderna aveva sviluppato un elevato grado si superbia che la rendeva immune da critiche o anche solo consigli. Era proprio la superbia ad aver allontanato l’uomo moderno dal Signore, ad avergli tappato occhi e orecchie per non permettergli di ascoltare più la verità del Vangelo.
Una profonda ignoranza contraddistingueva questo atteggiamento. Venivano ormai trascurate le scienze astratte come la Filosofia e la Teologia, non si coltivava più l’intelligenza produttiva, la razionalità logica.
L’ignoranza era sorella dell’indifferenza, nella quale l’uomo moderno viveva ormai da tempo immemorabile. I primi sintomi della “malattia della società moderna”, erano infatti da ricercarsi secondo Medi, nell’inizio del processo di secolarizzazione, che durante il dopo guerra aveva notevolmente accelerato.
“Hanno deificato la libertà e nel suo nome hanno costruito l’immensa gabbia economica per un mondo di schiavi. Hanno gridato fraternità e si sono uccisi senza misericordia, hanno alzato il vessillo della eguaglianza e l’ hanno ottenuta solo in sterminati cimiteri”.
Medi era profondamente inquietato da una società che non nominava affatto il nome di Dio, ma lo ignorava totalmente. Davanti ad una tale posizione era difficile trovare un rimedio. Per questo condannava chi cercava di sedare nel silenzio la rivolta giovanile, che lui invece accoglieva come un grido nel silenzio forzato, un grido liberatore, davanti al quale tirare un sospiro di sollievo.
I giovani soffrivano di quella mancanza di guide ai quali la società dei loro padri li aveva condannati. In loro Medi riponeva appunto le sue speranze. I giovani come ponte tra la Società e Dio.