10 Apr Lo Scienziato credente
Chi lo ha conosciuto afferma che Enrico Medi aveva una visione del mondo che era sempre avanti di diversi anni rispetto al presente. Era, in questo senso, uno scienziato politico che sapeva guardare lontano.
In un articolo pubblicato sulla rivista Annali di Geofisica nel 1969, dal titolo “La Lettura Semiautomatica delle Registrazioni nell’Istituto Nazionale di Geofisica”, scritto in collaborazione con R. Cialdea, da molti anni all’I.N.G., Enrico Medi discuteva l’importanza dell’utilizzo delle nuove macchine automatiche che di lì a pochi anni avrebbero cominciato a diffondersi negli istituti di ricerca avanzata di tutto il mondo.
La maggior parte delle persone di una certa età lo ricorda come lo scienziato che presentò agli italiani l’avventura del primo uomo sulla luna, ma pochi sanno che Medi, in qualità di Presidente dell’Istituto di Geofisica, promosse il progetto di una Carta sismica nazionale, oltre ad una rete di Osservatori astronomici in tutta Italia e l’uso pacifico dell’energia nucleare.
Il desiderio di impegnarsi in politica venne stimolato anche dalle sue prime esperienze di professore di geofisica a Palermo. Si rese conto dell’arretratezza culturale del nostro Paese, in particolare in campo scientifico e tecnologico. Il mondo della ricerca nell’Italia dell’immediato dopoguerra era molto poco sviluppato e Medi si impegnò affinché lo studio della fisica, delle materie scientifiche in generale e delle tecnologie diventasse sempre più ampio.
In una intervista televisiva degli anni ’60 afferma l’importanza di “preparare uomini nel campo scientifico, ma prima di tutto formateli come uomini! In tutta l’ampiezza del loro sentire. Noi, i responsabili, abbiamo bisogno non solo della sensibilità scientifica, ma di quella politica, economica, civile, sociale… dell’uomo e della società nel suo insieme. Perchè la scienza è uno strumento per l’uomo e non l’uomo uno strumento della scienza”.
In un programma televisivo di divulgazione, che conduceva con uno straordinario successo di pubblico, disse che “La scienza non è un castello chiuso in cui pochi uomini con un linguaggio misterioso indagano le profondità della natura. È una via verso la verità, una via per dare, attraverso la verità, il bene a tutti. Quindi deve essere percorsa insieme. Sentire lo stupore, il mistero, l’incanto, le domande e le conoscenze che voi avete e che noi abbiamo per una comunione di spirito e per una gioia comune”.
Il suo interesse per la promozione della ricerca scientifica si era già manifestato in occasioni istituzionali.
Uno dei suoi due interventi alla Costituente mirava proprio a stimolare l’attenzione dell’Assemblea nei confronti della ricerca scientifica. Aveva capito molto prima di altri in Italia, l’importanza nella ricerca di base che egli paragonava al seminare perché le generazioni future portino frutto.
Promosse quindi la nascita di centri di ricerca e propose l’idea di una Università europea. Negli anni successivi, quando il boom economico cominciava a manifestarsi, si pose il problema dell’energia e si impegnò a livello europeo come Vicepresidente dell’Euratom.
In una intervista pubblicata nel 2004 sul Cooperatore paolino la signora Enrica, moglie di Medi, ricorda che “Come cattolico credo che lo abbiano capito, ma dicevano che era un idealista. No, non lo era: era una persona che vedeva a distanza di tanti anni. A dire la verità dovrebbe essere una peculiarità del politico questa visione delle cose sintetiche e di avanguardia, ma troppo spesso tali cose vengono prese in considerazione solo quando sono avvenute. Vede, a Enrico importava il problema: quando questo era risolto, già studiava la soluzione di qualcos’altro”.
La costante del suo insegnamento è stata quella di dimostrare come tra Scienza e Fede non solo non vi è antitesi, ma che l’una non può prescindere dall’altra. A quanti gli chiedevano se il progresso scientifico potesse allontanare dalla religione, rispondeva che qualsiasi scoperta non può mai toccare la conoscenza di Dio, bensì confermarla facendo “gustare meglio alla mente umana la grandezza e la bontà di Dio”. Secondo lui, anzi, dal punto di vista della fede lo scienziato credente ha una marcia in più, perché “la scienza è solo una parte della vita di un uomo e soltanto la fede dà la completezza”.
Enrico Medi coniugava davvero scienza e fede. Per lui erano due aspetti della vita che si fondevano in modo che uno presupponeva l’altro. E infatti, oltre ad avere una solida formazione scientifica, aveva studiato teologia all’università Gregoriana di Roma e ricordava che “i grandi successi della scienza e della tecnica che hanno notevolmente migliorato la condizione dell’umanità lasciano però senza soluzione i quesiti più profondi dell’animo umano”.
Aveva un grande amore per la Verità, che lui definiva “la possibilità di aderire a ciò che è bello, a ciò che è buono, a ciò che è vero, con la massima intensità possibile”.
Tito Stagno lo ricorda con queste parole in un’intervista trasmessa circa un anno fa dalla trasmissione televisiva A Sua Immagine. “Il LEM si è appena appoggiato sul mare della tranquillità, gli astronauti non sono ancora scesi ma si cominciano a vedere le prime immagini del paesaggio lunare e Medi dice: sì, siamo su un mondo nuovo, meraviglioso, noi chiniamo la testa, proprio in ringraziamento, meditazione e gioia, però sempre con la prudenza che si deve avere quando si affermano cose che non si conoscono. La scienza è fatta di incognite”.
Nella stessa trasmissione il Prof. Enzo Boschi, attuale direttore dell’I.N.G., ci offre un’ultima immagine dello scienziato della fede. “I terremoti, i vulcani sono una grande manifestazione dell’attività interna della Terra che porta al crearsi dell’atmosfera e quelle condizioni benigne per lo sviluppo e la nascita della vita. Se si guarda la Terra, la si può immaginare come qualcosa creato da un ente superiore e questa probabilmente è la grande molla che ha spinto Enrico Medi a confermare in tutte le maniere e a manifestare la sua fede in Dio”.